La prima pizzeria Alice aprì nel 1990 in zona San Pietro, nel pieno centro di Roma. Qui lavorava Domenico Giovannini che, grazie alla sua passione e alla sua capacità imprenditoriale, diede il via a un progetto che negli anni riuscì a diventare un vero esempio di successo nel mondo della pizza. Dalla prima pizzeria infatti, ne seguirono subito tante altre, ispirate alle stesse tecniche e ricette.
Di seguito un’esclusiva intervista che ci ha rilasciato e che potrete leggere anche all’interno del nostro magazine!
Hai sempre lavorato nel mondo della ristorazione? Cosa facevi prima del boom di Alice Pizza?
Sono nato ad Amatrice ed all’età di 10 anni mi sono trasferito a Roma con tutta la mia famiglia. Sono cresciuto nel contesto del mondo della ristorazione. Ho frequentato la scuola alberghiera ed ho avuto esperienze lavorative in diversi locali e ristoranti alle dipendenze di altri, tuttavia ho sempre avvertito il desiderio ed il bisogno di costruire un’impresa che fosse mia.
Da dove nasce il nome Alice Pizza?
Il nome Alice, devo confessarlo, ha origini poco romantiche. Fu il suggerimento di una grafica, alla quale chiesi di aiutarmi ad immaginare un nome che fosse trasversalmente comprensibile in più lingue, perché già allora sognavamo che il brand un domani avesse successo e non solo in Italia.
La mission e la vision di Alice Pizza?
La Mission di Alice pizza è stata sicuramente quella di voler conferire al prodotto pizza al taglio, che al tempo della nascita del brand era certamente grezzo e poco evoluto, la giusta attenzione. Lo trovavo un concetto interessante e particolarmente adatto alla creazione di un formato di street food italiano, che avesse ad oggetto un prodotto a prezzo contenuto, facilmente replicabile, comunicativo e in una certa misura anche standardizzabile.
Meglio la creatività o la tradizione?
Io direi che la nostra tradizione è creativa: un libro da scrivere! Gran parte delle nostre ricette traggono ispirazione dalla tradizione gastronomica del nostro paese, in termini di abbinamento di prodotti o proprio perché ispirate ad una vera ricetta italiana; pensate alla pizza all’amatriciana: la ricetta esisteva già ma noi l’abbiamo riadattata al nostro prodotto.
In Italia possediamo un bagaglio culturale tanto grande in materia gastronomica che probabilmente non è necessario inventare molto per trovare la giusta ricetta.
Te lo aspettavi un successo simile?
Se mi aspettavo il successo avuto? Forse sì. Non in termini di risultati economici, quanto piuttosto nel progetto in sé. Ci credevo molto, come credo che in Italia esistono tanti altri prodotti, al di la della pizza, che possono essere valorizzati e sviluppati e che avrebbero un potenziale altrettanto interessante.
Qual è stata la difficoltà più importante che ha incontrato e come l’ha superata?
Sicuramente la difficoltà più grande è stata quella di replicare un processo prettamente artigianale. Trasformare il mio metodo di fare la pizza in un processo produttivo. Non era certamente banale. Per questa ragione nel 2014 abbiamo creato un’accademia legata al marchio dove si insegnava a giovani ragazzi un mestiere partendo da zero. Oggi ce n’è una a Roma ed una seconda a Milano.
3 consigli per l’imprenditore che vuole creare una propria rete in franchising?
I miei consigli? Credere in quello che si fa. Insegnare agli altri a credere in quello che si fa. Non temere che i propri più stretti collaboratori diventino più bravi di voi stessi.
Se vivessi in un mondo senza pizza, il tuo brand sarebbe Alice …?
In un mondo senza pizza avrei probabilmente concentrato la mia attenzione su altre eccellenze della nostra tradizione, quale? Dovrei rifletterci.